14.12.09

Quando il cervello si guasta.

Nota di Aldebrando Lucci:
leggendo l’articolo molte cose potrebbero essere poco chiare o addirittura completamente astruse.
Capisco che la non perfetta conoscenza di alcuni simboli o termini può compromettere anche totalmente la comprensione di quello che Barry Sears scrive. Provo quindi ora a chiarire alcune sigle o termini.
Nel caso che qualcosa non risulti chiaro, domandatemelo scrivendo alla mia mail: aldyrisponde@hotmail.it
Prima di leggere le note qui sotto ( di colore blu ), cercate di leggere il testo ( in colore nero ).
Ad una prima lettura sono sicuro che riuscirete a capire quasi tutto. Nella seconda lettura, soffermatevi sui punti più interessanti per voi ed iniziate a leggere le note in blu. Alla fine prendete degli appunti solo per ricordarvi i passi più importanti. E sono sicuro che ce ne sono molti!!!
Per ogni altra delucidazione, scrivetemi!!!


DHA= acido docosaesaenoico, un omega 3, antinfiammatorio (sostiene le funzioni cerebrali )
EPA= acido eicosapentaenoico, un altro omega 3, antinfiammatorio, migliora il flusso sanguigno ( entrambi si trovano nell’olio di pesce concentrato e distillato)
BDNF=brain-derived neurotrophic factor ( fattore neurotropico derivato dal cervello, necessario a stimolare lo sviluppo delle fibre nervose del sistema centrale )
USDA=dipartimento dell’agricoltura degli Stati Uniti
AA/EPA=rapporto tra l’acido arachidonico (omega 6, infiammatorio) ed acido eicosapentaenoico ( omega 3, antinfiammatorio ). Più il rapporto è alto e più si va incontro a malattie, più è basso e più si va incontro al benessere.
OMEGA 3 A CATENA LUNGA sono derivati dall’olio di pesce ed hanno un’efficacia di circa 30 volte superiore agli omega 3 a catena corta, che si trovano soprattutto nell’olio di semi di lino. Quindi un grammo di omega 3 derivato dal pesce è equivalente a 30 grammi di omega 3 vegetali.
Gli EICOSANOIDI sono dei super ormoni che stimolano le nostre ghiandole a secernere altri ormoni.
(gli omega 3 sono eicosanoidi buoni, gli omega 6 eicosanoidi cattivi)
PLACCHE AMILOIDI=ammassi extracellulari che si formano nel cervello dei malati di morbo di Alzheimer
PROGRAMMA DIETETICO DI BARRY SEARS ( chiamato anche Dieta a Zona o dieta 40-30-30 è una dieta che prevede per ogni pasto, la proporzione calorica così suddivisa: il 40% delle calorie introdotte deve essere preso dai carboidrati, il 30% dai grassi ed il rimanente 30% dalle proteine ). Inoltre i pasti vanno effettuati ogni 3 ore circa e le calorie di ogni pasto non dovrebbero mai essere superiori a 400 ( equivalenti a 4 blocchi della dieta a zona ).


Quando il cervello si guasta.


La mente è diventata la frontiera della medicina di domani:
il nostro cervello racchiude ancora miriadi di misteri che attendono di trovare spiegazione.
Anche ai nostri giorni, i ricercatori si scoraggiano di fronte alla complessità dei problemi che incontrano quando cercano di individuare con precisione le aree cerebrali responsabili di gestire le funzioni della parola, dei sentimenti d’amore e di odio e dell’espressione della creatività.
Come già spiegato abbiamo la possibilità di migliorare le nostre funzioni cerebrali semplicemente fornendo al cervello ciò che desidera e tenendolo lontano da ciò che detesta.
Studi condotti in passato su campioni di popolazione hanno messo in luce che le popolazioni dei paesi in cui il consumo di pesce è molto elevato ( come in Giappone ) sono meno soggette a stati depressivi.
Abbinando questa statistica con i dati di consumo di olio di pesce nella dieta degli americani ( nell’ultimo secolo in continuo calo ), non è difficile immaginare come mai negli Stati Uniti stia andando alle stelle l’incidenza di affezioni neurologiche come la depressione, i disturbi dell’attenzione e il morbo di Alzheimer.
In America, l’apporto dietetico medio di DHA ( necessario per sostenere le funzioni cerebrali)
ed EPA ( richiesto per migliorare il flusso sanguigno e ridurre le infiammazioni)
ha toccato oggi livelli pericolosamente bassi, specie se paragonati con quelli di cento anni fa.
Con la recente comparsa sul mercato dell’olio di pesce concentrato ed distillato,
abbiamo ora la possibilità di incrementare i livelli di DHA ed EPA fino a calare il rischio di sviluppare disturbi mentali.
Ma, più importante ancora, disponiamo finalmente dello strumento per far regredire i sintomi di queste patologie, anche quando hanno già danneggiato il funzionamento del cervello.
Pertanto, per l’olio di pesce è giunto il momento della verità: disponiamo finalmente di un prodotto somministrabile in dosi sufficientemente elevate da poter combattere i disturbi più preoccupanti che colpiscono il genere umano, ovvero quelli che distruggono la mente.
Come gli anziani che si esercitano con i pesi possono riacquistare la forza che avevano in gioventù, così sono convinto che anziani e giovani, seguendo le mie indicazioni dietetiche, potranno riappropriarsi della loro piena funzionalità cerebrale.
La prima volta che ebbi l’opportunità di saggiare la veridicità di questa ipotesi si presentò alcuni anni fa, quando ricevetti una telefonata dalla Florida.


Il morbo di Alzheimer


Tre anni fa, mi telefonò Dan Ward, fondatore e proprietario del River Oaks Extended Care and Reabilitation Center di Crystal River, in Florida.
Dan è riconosciuto in tutti gli Stati Uniti come grande esperto nella prevenzione e nella cura di invalidità fisiche e mentali della terza età.
È, inoltre, un convinto sostenitore dell’efficacia, per i pazienti anziani, di un regolare esercizio fisico, essendo dimostrato che l’attività fisica incrementa il fattore neurotropico derivato dal cervello (BDNF), necessario a stimolare lo sviluppo delle fibre nervose del sistema centrale.
L’accento posto da Dan sull’esercizio fisico per gli anziani deriva anche dall’essere stato egli stesso un atleta di spicco, con alle spalle una storia di allenamenti regolari e attentamente pianificati.
Tre anni fa, alcuni dei suoi amici atleti lo invitarono a leggere il mio libro Come raggiungere la Zona
e Dan decise di verificare l’efficacia delle indicazioni che vi aveva trovato.
Attenendosi al suo programma standard di allenamento aerobico con i pesi, di norma la sua frequenza cardiaca saliva fino a 168 battiti al minuto.
Dopo una sola settimana del mio programma dietetico, integrato da olio di pesce a basso dosaggio (1,3 g di acidi grassi omega 3 di qualità commerciale, secondo le indicazioni da me fornite in Come raggiungere la Zona, quando l’olio di pesce concentrato e distillato non era ancora disponibile ), non gli fu più possibile superare i 120 battiti al minuto.
Ciò significava semplicemente che il suo cuore non doveva più lavorare altrettanto intensamente per pompare il sangue richiesto durante la fase di allenamento.
Da questo fenomeno, Dan capì che al suo organismo stava capitando qualcosa di eccezionalmente positivo.
Entusiasmato dal suo stesso successo, Dan decise di sperimentare il mio programma dietetico su quattro dei suoi pazienti anziani, tutti nello stadio finale di demenza del morbo di Alzheimer.
I quattro stavano seguendo la dieta dell’USDA, ma la loro demenza continuava a progredire.
Tutti i pazienti erano inoltre affetti dal morbo di Parkinson e i farmaci che stavano prendendo venivano già somministrati al massimo del dosaggio consigliato.
Ciò nonostante, tutti quanti esibivano rigidità agli arti superiori e inferiori, non riuscivano ad articolare frasi comprensibili, avevano bisogno di assistenza per mangiare e le loro capacità deambulatorie erano praticamente nulle.
In altre parole, la qualità della loro vita, già scadente, peggiorava ogni giorno di più.
Il morbo di Alzheimer è una malattia molto penosa che sottrae ai pazienti le loro facoltà mentali provocandone la morte.
Se vi è capitato di visitare una casa di cura per anziani, sapete cosa succede quando la mente comincia a deteriorarsi prima del corpo.
Dato che Dan con i suoi pazienti all’ultimo stadio dell’Alzheimer non.aveva più nulla da perdere, provò a modificare le loro dieta, passando al mio programma e utilizzando la dose di 2,5 g di acidi grassi omega 3 di qualità commerciale.
Nel giro di tre settimane, i suoi pazienti cominciarono a manifestare chiari segni di miglioramento.
Tutto sommato, il controllo della dieta di questi pazienti fu la parte più semplice dell’esperimento, in quanto Dan a ogni pasto si limitava a preparare dei frullati contenenti il corretto equilibrio tra proteine e carboidrati; qualche difficoltà il più la incontrò con l’integrazione di olio di pesce dato che, a quel tempo, il prodotto era disponibile esclusivamente sotto forma di capsule.
Lo staff di Dan era costretto ad aprire ogni giorno 64 capsule ( 16 per ogni paziente ) per estrarre il liquido da addizionare ai frullati che dovevano bere i pazienti, troppo debilitati per inghiottire capsule intere.
Nel tentativo di trovare un metodo più pratico, Dan mi telefonò per domandarmi se avevo qualche suggerimento utile per superare il problema.
Eravamo nel 1999 e proprio in quel periodo stavo avviando esperimenti con l’olio di pesce di tipo concentrato e distillato, che offriva il vantaggio di un sapore e di un odore meno sgradevoli e soprattutto conteneva un livello di inquinanti di gran lunga inferiore.
Con quell’inattesa telefonata di Dan prese avvio uno dei miei più fecondi rapporti di collaborazione di sempre, mirato a identificare il ruolo potenziale dell’olio di pesce nell’opera di ricostruzione del cervello umano.
E quei quattro pazienti?
Come primo provvedimento, Dan aumentò la dose giornaliera a circa 9 g di acidi grassi omega 3 a catena lunga ( un cucchiaio di olio di pesce concentrato e distillato ).
Nel volgere di due settimane, fu già in grado di misurare progressi stupefacenti: i pazienti presero spontaneamente a parlare e cominciarono pian piano a riappropriarsi delle loro perdute personalità.
Una di loro cominciò addirittura a formare frasi complete e logicamente articolate e diede segno di riconoscere il marito e ricordare il passato.
Se incrementando la dose di olio concentrato e distillato a 9 g al giorno si erano ottenuti i miglioramenti tanto significativi in pazienti gravemente debilitati dal morbo di Alzheimer, di quale portata sarebbero potuti risultare i benefici di dosi ancora più massicce?
Fu proprio ciò che Dan si propose di scoprire: cominciò, pertanto, ad aumentare il dosaggio portandolo a 3 cucchiai al giorno, fornendo così ogni giorno 35 g di acidi grassi omega 3 a catena lunga.
Questo quantitativo è diventato la sua dose standard e oggi egli controlla regolarmente i progressi dei suoi pazienti misurando il rapporto AA/EPA nel sangue.
Anche con dosi di olio di pesce così elevate, i valori del sangue restano normalmente tra 1,5 e 2, ovvero all’interno della fascia ottimale, quella che denota la presenza di un corretto equilibrio tra eicosanoidi buoni e cattivi.
Alla luce dei risultati di questi primi esperimenti, Dan decise di suddividere i suoi pazienti in tre gruppi:
al primo venne somministrato soltanto olio di pesce ad alto dosaggio ( circa 25 g al giorno di acidi grassi omega 3 a catena lunga);
al secondo vennero serviti pasti equilibrati dal punto di vista ormonale ( per controllare l’insulina ),ma non integrati dall’olio di pesce;
l’ultimo gruppo, infine, ricevette entrambe le prescrizioni del mio programma. L’esperimento serviva a determinare il ruolo svolto dal controllo dell’insulina nei miglioramenti osservati.
Come forse c’era da aspettarsi, la combinazione di pasti finalizzati al controllo dell’insulina e olio di pesce ad alto dosaggio si rivelò enormemente più efficace dei singoli componenti isolati.
Questa ricerca confermò chiaramente la mia ipotesi iniziale: per ottenere la massima regressione delle patologie neurologiche è necessario controllare simultaneamente sia gli eicosanoidi sia l’insulina, obiettivo realizzabile attraverso l’adozione del mio programma dietetico.


Uno dei pazienti di Dan, un ottantacinquenne soprannominato “il colonnello” era affetto da una forma di morbo di Alzheimer così grave da impedirgli di riconoscere la moglie.
Racconta la moglie: “Entrava e usciva da tutti gli ospedali ed i centri di riabilitazione dell’area di Houston, dove allora abitavamo. Nessuno ci aveva dato alcuna speranza e mio marito stava malissimo, restava sempre raccolto in posizione fetale, non camminava né era in grado di nutrirsi da solo. Pensavo che stesse giungendo la fine ed ero disperata”.
Capitò che casualmente una nipote del colonnello lavorasse come infermiera nel centro di riabilitazione di Dan.
La donna telefonò alla moglie dello zio, la quale stava ormai abbandonando ogni speranza, e le consigliò di portare il marito in Florida, al River Oaks.
Dopo cinque mesi di trattamento con il mio programma dietetico, il colonnello riusciva a camminare da solo e a giocare a carte con la moglie. Aveva persino riacquistato il senso dell’umorismo e qualche volta tornava a casa per il week end.
I parenti che non l’avevano più incontrato dopo l’inizio del trattamento con il mio programma rimanevano strabiliati dal suo miglioramento; adesso lo sono ancora di più, dato che è nuovamente in grado di vivere a casa propria.


Un altro paziente di Dan, che soffriva di una forma avanzata di morbo di Alzheimer, era stato dimesso da ben 5 strutture sanitarie perché il personale non riusciva a gestire il suo comportamento sociale fortemente disturbato. Si era persino fratturato entrambe le ginocchia, le anche e le spalle, e negli altri centri di riabilitazione i medici avevano diagnosticato che non avrebbe mai più ripreso a camminare. Quando entrò nella struttura di Dan, non era in grado di muovere le braccia per mangiare. Altrettanto sconcertante era il comportamento tenuto nei confronti dei figli: quando si recavano in visita, spesso cadeva addormentato. Una volta avviato il mio programma, nel giro di sei settimane aveva riacquistato la capacità di nutrirsi da solo e cominciava a camminare senza bisogno di assistenza. Dice un figlio: Mio padre adesso ci accoglie con un sorriso, parla con noi per ore e cammina di nuovo senza un sostegno. Vederlo di nuovo in scarpe da ginnastica , con un colorito roseo al posto di quel grigio cenere che ha avuto per anni…per noi è impressionante. E da quando è qui non è più caduto. In meno di sei settimane abbiamo visto nostro padre passare dalla condizione di chi non avrebbe più camminato a quella di chi torna a gustare la libertà di lasciare la sedia a rotelle. Grazie a Dio abbiamo incontrato il dottor Ward e la sua clinica!


Il morbo di Alzheimer è strettamente associato alla formazione di placche amiloidi nel cervello, simili per molti aspetti a quelle che si formano sulle pareti delle arterie e che alla lunga possono provocare l’infarto.
Le persone con predisposizione genetica agli infarti, infatti, sono anche soggette a un rischio molto più elevato di sviluppare il morbo di Alzheimer. Ecco perché ha senso una strategia volta a prevenire entrambe le malattie. Lo stesso Ippocrate lo ha sostenuto già 2500 anni fa quando affermò:” Tutto ciò che fa bene al cuore probabilmente gioverà anche alla mente”.
Poiché ridurre l’infiammazione fa bene al cuore ( ricordate che l’aspirina è tuttora il miglior farmaco per prevenire l’infarto ), dovrebbe essere salutare anche per il cervello ( in particolare per la cura del morbo di Alzheimer ). Forse allora non c’è da stupirsi che le persone che fanno uso da lungo tempo di farmaci antinfiammatori presentino un’incidenza del morbo di Alzheimer molto inferiore alla media della popolazione.
Esiste una strategia appropriata per ridurre la probabilità di essere colpiti dal morbo di Alzheimer? Ci sono dati statistici che mostrano come le persone di oltre 85 anni che mangiano pesce hanno il 40% di rischio in meno di sviluppare il morbo di Alzheimer rispetto a chi non se ne ciba. Un’altra ricerca ha dimostrato che il cervello di pazienti affetti dal morbo di Alzheimer contiene il 30% in meno di DHA di quello dei soggetti sani. Secondo i dati della Framingham Heart Study, un pietra miliare della ricerca medica, i pazienti con livelli sanguigni di acidi grassi omega 3 a catena lunga più bassi, avevano il 67% di probabilità in più di sviluppare il morbo di Alzheimer. Infine, secondo un altro studio, le funzioni cognitive di pazienti con il morbo di Alzheimer sembrano migliorare integrando la dieta con DHA.
Preoccupa scoprire che chi consuma molti acidi grassi omega 6 ha il 250% di probabilità in più di contrarre il morbo di Alzheimer. Come ricorderete, è proprio l’eccessivo consumo di acidi grassi omega 6 ( del tipo di quelli presenti nei comuni oli vegetali ) a favorire un aumento della formazione di acido arachidonico. Pertanto siamo autorizzati a ipotizzare che produrre troppi eicosanoidi cattivi e troppo pochi buoni aumenti il rischio di essere colpiti dal morbo di Alzheimer.
La tesi ha trovato conferma nei risultati di recenti studi che hanno confrontato il rapporto AA/EPA di pazienti affetti dal morbo di Alzheimer con quello di un gruppo di controllo costituito da soggetti sani della medesima fascia di età. Non sorprende che il rapporto AA/EPA nei pazienti malati sia risultato circa il doppio rispetto a quello del gruppo di controllo,
infatti i pazienti affetti dal morbo di Alzheimer aveva un rapporto AA/EPA 12, mentre il gruppo di controllo solamente 6!
Questo dato suggerisce che i pazienti con il morbo di Alzheimer soffrano di una marcata infiammazione cerebrale e, infatti, questa malattia è oggi ritenuta dai più una patologia di natura infiammatoria. Pertanto, il consumo di olio di pesce ad alto dosaggio combinato con il controllo dell’insulina, attenuando l’infiammazione, risulta lo strumento più efficace anche per prevenire lo sviluppo di questa malattia. Sulla base dell’esperienza accumulata da Dan Ward con l’adozione del mio programma dietetico nella sua casa di cura, mi pare del tutto evidente che lo sviluppo del morbo di Alzheimer può essere arrestato e a volte anche invertito mediante un corretto intervento dietetico. Se vi trovate nello stadio iniziale della malattia, se ci sono stati casi di malattia in famiglia o, più semplicemente, temete di poterla contrarre, il mio programma dietetico potrà essere per voi la migliore medicina disponibile, se non la vostra unica speranza.


Altre forme di demenza


La demenza è provocata dalla morte dei neuroni ( le cellule nervose del cervello ) con la conseguente perdita delle funzioni cerebrali.
Il morbo di Alzheimer ne è la causa principale, ma non l’unica.
Un’altra importante forma di demenza deriva dal succedersi continuo di tanti piccoli ictus ( clinicamente noti come “attacchi ischemici transitori” o TIA ), che avvengono quando il flusso sanguigno verso il cervello diventa insufficiente, privando l’organo dell’ossigeno e del glucosio necessario al suo sostentamento.
Questi ictus di breve durata non sono invalidanti come quelli completi, ma alla lunga il loro effetto cumulativo è il medesimo: la perdita delle funzioni cerebrali.
I TIA sono provocati da un’ostruzione delle arterie cerebrali: possono essere considerati infarti cerebrali, di natura simile a quelli cardiaci.
La maniera migliore per arrestarli è prevenire l’aggregazione delle piastrine, causata da un’eccessiva produzione di eicosanoidi cattivi.
È noto che esistono medicine, come l’aspirina, che possono ridurre l’aggregazione delle piastrine, ma il miglior farmaco” a lungo termine resta il mio programma dietetico, grazie alla sua capacità di modificare i livelli tanto degli eicosanoidi buoni quanto di quelli cattivi.
Non c’è da stupirsi che, quando si esaminano i parametri ematici, i pazienti con demenze non legate al morbo di Alzheimer e quelli affetti da disturbi cognitivi presentino rapporti AA/EPA più alti di quello del gruppo di controllo.
In genere per la demenza ed i disturbi cognitivi il rapporto AA/EPA è attorno a 11, mentre nel gruppo di controllo è attorno a 6.
Per chiarire meglio questo punto, vi riferisco quanto Dan Ward mi raccontò di un altro dei suoi pazienti affetti da disturbi cognitivi.
Quando lo sottopose al mio programma dietetico, notò quasi immediatamente un netto miglioramento delle sue funzioni cognitive. Quel particolare paziente, però, soffriva anche di una serie di altri problemi frequentemente presenti nelle persone anziane: quando entrò del centro di Dan, era immobilizzato ella sedia a rotelle e, in più, presentava una piaga da decubito di oltre 10 centimetri con principio di cancrena, oltre a una diarrea cronica. Nella casa di cura in cui era stato ricoverato in precedenza, i medici avevano deciso di effettuare due interventi chirurgici: uno per risolvere il problema della diarrea e l’altro per suturare la piaga da decubito. Benché le due operazioni fossero già state programmate, Dan chiese di rimandarle, per poter tentare prima qualche intervento nutrizionale. Potete immaginarvi lo scetticismo dei medici del paziente.
Dan sottopose immediatamente il suo nuovo paziente al mio regime alimentare, impiegando 35 g al giorno di acidi grassi omega 3 a catena lunga ( 4 cucchiai ). Dopo tre giorni, la diarrea era scomparsa, e per sempre.
Entro il decimo giorno, l’uomo era in grado di camminare liberamente e la sua piaga da decubito dava segni di guarigione. In otto settimane era completamente rimarginata. Sua figlia, stupefatta e positivamente colpita dall’entità del miglioramento mostrato dal padre, disse a Dan: “E’ più attivo fisicamente e mentalmente più coerente di un anno fa, quando viveva ancora nella sua casa. È un vero miracolo!” ma l’evento davvero miracoloso accadde quando il padre passò un week end a Sea Word: i suoi amici si erano affaticati ed egli, forte della sua ritrovata energia, si incaricò di spingerli nelle loro sedie a rotelle.
Appena qualche mese fa, Dan prese in cura un altro paziente cui anni prima era stato diagnosticato un tumore al cervello. Malgrado il tumore fosse stato rimosso, l’uomo soffriva ancora di frequenti attacchi epilettici, tanto che prima di approdare al River Oaks era stato ricoverato in altre 5 cliniche.
A quel punto, Dan aveva accumulato una notevole esperienza su come applicare il mio programma dietetico a pazienti invalidi.
Così, avviò il programma somministrando al paziente la dose standard di 25 g al giorno di acidi grassi omega 3 a catena lunga.
Nel giro di poche settimane, l’uomo aveva riacquistato la capacità di muoversi utilizzando un girello, benché necessitasse ancora di una certa assistenza, dato che non riusciva a controllare correttamente l’uso della mano sinistra. Dopo un mese di trattamento, gli attacchi epilettici erano scomparsi e aveva recuperato anche la funzionalità della mano sinistra. Infine, dopo due mesi al River Oaks, per la prima volta dopo anni tornò a casa, avendo riacquistato la memoria.